Per un terreno fertile

E se lasciassi giocare mio figlio con le bambole? Pregiudizi e stereotipi.

Un’amica mi ha consigliato di leggere un articolo interessantissimo su un sito francese, risvegliando una serie di riflessioni già esistenti in me, in forma un po’ latente, e che ho voglia di condividere con voi oggi: in che modo operiamo discriminazione di genere nella scelta dei giocattoli che offriamo ai nostri figli.

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Nadia Chambéry, autrice dell’articolo, ci fa notare che una bambina che gioca con dei giocattoli prettamente maschili, si vedrà probabilmente appioppare appellativi come “maschiaccio”, in opposizione ad una vera bambina “come si deve”, ma sarà nonostante tutto generalmente tollerata e, perché no, considerata, proprio per questo motivo, forte di carattere (“così non si farà mettere i piedi in testa dagli uomini”). Non meriterebbero lo stesso destino i maschietti che si trovassero malauguratamente a manipolare giochi o oggetti associati all’universo femminile: questo infelice contatto farebbe infatti incorrere il malcapitato nel rischio di diventare effeminato, per il noto e pauroso effetto di contaminazione generato da quegli oggetti. Una bambina maschiaccio passi, ma un bambino effeminato, proprio no!

Lise Eliot, nel suo Pink Brain, Blue Brain: How Small Differences Grow Into Troublesome Gaps (Cervello Rosa, Cervello Blu: Come piccole differenze si ingrandiscono fino a diventare problematiche), smonta decenni di convinzioni e pregiudizi secondo i quali il cervello dell’uomo e della donna sarebbero nettamente diversi: in realtà, a parte il fatto che il cervello dell’uomo pesa di più di quello della donna e che quello della donna si sviluppa uno-due anni prima di quello dell’uomo, le differenze tra i singoli individui, indipendentemente dal sesso, sono molto più grandi rispetto alle differenze tra uomini e donne, anche considerando l’influenza di geni e ormoni. Basterebbero poche ore di studio per compensare e rendere tali distanze inesistenti. Eppure, gli stereotipi e la cultura ingigantiscono queste insignificanti divergenze, facendoci diventare gli uomini e le donne dettate e auspicate dalla società.

Un esempio banale tra i tanti, senza per questo entrare nel merito delle teorie della fisica quantistica e  sull’influenza che la nostra buona o cattiva predisposizione può avere sulle cellule (rimando, per i più curiosi, agli affascinanti esperimenti del dott. Masaru Emoto sull’acqua): vivere in una società in cui si crescono le bambine dicendo loro che la “donna al volante è un pericolo costante“, creerà immancabilmente delle automobiliste insicure e imbranate, o delle maschiacce che “guidano come un uomo” se non corrispondono a questo stereotipo.

gioco_per_femminucce.jpgFin qui, nulla di nuovo. Eppure, nell’impedire ai maschietti di giocare con le bambole e alle femminucce di fare giochi di costruzione, si inizia a strutturare questa distanza, sviluppando una competenza piuttosto che un’altra.

A quanto pare infatti, se giocare a giochi di costruzione sviluppa le capacità manuali e matematiche, giocare con le bambole, vestirle, spogliarle, parlare con loro, affina la motricità fine e le competenze verbali. Ma c’è di più: questo tipo di attività, ci dice Lise Eliot,

rafforza le competenze emotive e sociali: preoccuparsi per gli altri, considerarli, rispondere ai loro bisogni e capire cosa provano. In altre parole, questo tipo di gioco permette lo sviluppo dell’empatia. Giocare con le bambole allena anche a comunicare, anche quando il bambino gioca da solo (molti bambini, tra i cinque e i sei anni, si parlano da soli e questo discorso privato li aiuta a gestire il loro comportamento quando sono confrontati a compiti nuovi o difficili”)“.

In pratica, privare i nostri figli maschi di questo tipo di gioco, è uno spiacevole modo per privarli anche di un’ottima occasione per sviluppare l’empatia. A cosa serva questa fantomatica empatia, ne ho parlato nel mio articolo Perché è così importante imparare a riconoscere le emozioni?, dove spiego, tra l’altro, che la capacità di verbalizzare le emozioni, di riconoscerle, stia alla base della capacità di gestirle, di evitare quindi dei comportamenti aggressivi e violenti.

Le competenze verbali sviluppate dal gioco con la bambola aiutano quindi il bambino in questo fondamentale lavoro di catalogazione delle emozioni. A questa competenza è strettamente legato anche il controllo inibitorio, ossia la capacità di autocontrollarsi restando ad esempio seduti, saper aspettare il proprio turno per parlare, riuscire a concentrarsi più a lungo: tutte attitudini generalmente più sviluppate nelle bambine rispetto ai coetanei maschi.

Siamo d’accordo, la padronanza della lingua e di se stessi non si acquisiscono solo attraverso il gioco con le bambole: tutti i giochi che spronano a raccontarsi delle storie, a mettersi nei panni di qualcun altro sono fondamentali per tale delicato apprendimento. Ma in questo contesto trovo fondamentale, al di là della provocazione e dell’inerzia che questa proposta incontrerà certamente, sradicare questo tabù che vieta ad un bambino di divertirsi con una bambola.

Alcuni commercianti dal fiuto per gli affari particolarmente sviluppato, negli Stati Uniti, hanno cominciato a vendere bambole per maschietti, intravedendo la prossima apertura di questa nicchia di mercato: bambolotti supereroi e ingegneri rendono infatti certo più accettabile per i genitori l’accettazione di questo “nuovo” paradigma. In Italia, siamo ancora forse un po’ lontani. Ma nulla ci impedisce – semplicemente – di dare ai nostri figli maschi la possibilità di giocare con le bambole che abbiamo a disposizione, cercando di proteggerli dagli attacchi esterni, che immancabilmente arriverebbero a guastare il gusto sano di questo gioco, macchiandolo con sciocchi pregiudizi inibitori.

 

 

 

9 pensieri riguardo “E se lasciassi giocare mio figlio con le bambole? Pregiudizi e stereotipi.

  1. Bellissimo articolo. Io ho un maschietto e una femminuccia. Il grande giocava con tutto, anche a casa delle sue amiche. La piccola gioca molto volentieri con le bambole tanto quanto con Jeeg Robot, Dragon Ball, Hot wheels, spade ecc…
    Ma è proprio come dici tu, la piccolina viene considerata forte mentre per il maschietto ci si preoccupa.
    La cultura italiana deve compiere ancora molta strada in tal senso.

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  2. Articolo stupendo. Complimenti perché riuscire a riassumere bene questi argomenti non è impresa facile. Senza contare che sono argomenti tosti e pieni di pregiudizi!
    Hai fatto un bel lavoro!

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  3. Bellissimo articolo.
    Un argomento che mi interessa particolarmente. Da mamma di due maschi sono molto preoccupata che crescano con stereotipi sociali troppo spiccati. Vorrei che capissero, analizzazzero le situazioni autonomamente.
    Non sono una mamma casalinga, lavoro anche fuori casa e forse questo ci aiuta fino ad un certo punto a non creare troppe differenze di genere in famiglia. In sostanza è molto probabile trovare anche mio marito ai fornelli la sera.

    Ma ad ogni modo tutto ciò che riguarda questo argomento mi tocca molto.
    Interessante molto il discorso di Lise Eliot sul “rafforzare le competenze emotive e sociali” dell’attività di gioco con le bambole, per maschio e femmine.
    Seguirò questi tuoi consigli. Grazie.
    Federica

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  4. Un bellissimo articolo, interessante e ricco di notizie scientifiche. Me lo salvo, perché da insegnante mi sono trovata alcune volte a dover rassicurare delle mamme che era preoccupate perché il figlio avesse chiesto a babbo Natale un bambolotto invece dei “soliti giochi da maschio. “

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