Per un terreno fertile

Il culetto è mio, è mio perciò la sculacciata, no no no

Comincio oggi una serie di articoli che vertono sul tema delledito rimprovero woody punizioni e ricompense. In che modo possono danneggiare il piacere di imparare, inibendo lo stimolo naturale della curiosità?

Doveroso iniziare con la Punizione delle Punizioni, il grande archetipo: la sculacciata. Perché no?  Perché no, più in generale, all’uso della violenza (seppur “minima”) per imporre la propria autorità e insegnare a discernere tra il bene e il male?

Ce ne parla in modo molto chiaro Olivier Maurel nel suo La sculacciata. Perché farne a meno. Domande e riflessioni: “Solo qualche decina d’anni fa, si potevano ancora avere dubbi sulla nocività delle punizioni corporee inflitte ai bambini. Oggi non è più così. Le più recenti ricerche sul funzionamento del cervello dimostrano indiscutibilmente che le botte ricevute causano nel bambino lesioni e ostacolano il suo sviluppo“.

Senza entrare nello specifico di tali ricerche sugli effetti della sculacciata sul cervello del bambino (interessanti ad esempio gli studi dello psichiatra francese Muriel Salmona), vediamo perché la sculacciata proprio no no no:

  • La sculacciata è un’ammissione di debolezza, mostra al bambino che le sue provocazioni funzionano e che l’adulto non è stato in grado di controllarsi.
  • La sculacciata rende la violenza banale, sottintendendo che picchiare sia il solo modo per gestire un conflitto. Questa regola, ben assimilata, sarà con molta probabilità applicata a sua volta dal bambino, che sceglierà comportamenti violenti per la risoluzione dei problemi. Avete già vissuto il paradosso di dare una sculacciata ad un bambino che sta picchiando un altro bambino dicendogli che non si usa la violenza?
  • La sculacciata è umiliante: il bambino non si sente amato. Ciò crea inevitabilmente un circolo vizioso, spingendolo verso atteggiamenti sempre più negativi che gli causeranno altre sculacciate e così via. La violenza, non è una novità, chiama violenza, da entrambe le parti.
  • La sculacciata mina l’autostima del bambino che non si sente amato e lo priva del più potente motore di cui dispone per la sua realizzazione personale.
  • La sculacciata è inefficace perché si fonda sulla paura, non sulla comprensione dell’errore. Anche quando l’adulto ha ottenuto ciò che voleva, la lezione non è stata capita, le cause del conflitto sono rimaste irrisolte e la stessa situazione si ripresenterà con tutta probabilità nella prossima crisi.
  • La sculacciata confonde il bambino. Soprattutto quando è accompagnata da frasi del tipo “è per il tuo bene”. Alice Miller ci dice nel suo Dramma del Bambino Dotato: “Quando si colpisce un bambino con la pretesa di formare il suo carattere o per amore, si agisce in modo molto ipocrita (…). In questo modo impara che la violenza contro i deboli è legittima, la rivolta contro i forti vietata. Impara che bisogna mentire ed essere ipocriti, proprio da coloro che pretendono insegnare la verità e la tolleranza”. 
  • La sculacciata è una forma di violenza contro un bambino. E questo basta di per sé per essere naturalmente condannabile.

E se la situazione ci sfugge letteralmente di mano e parte la sculacciata, la soluzione resta tagliarci la mano o fustigarci ripetutamente urlando molteplici “Mea Culpa!”?! Olivier Maurel consiglia piuttosto di spiegarsi col bambino, una volta la crisi passata. Un modo per provare al bambino che la comunicazione resta il modo più efficace per superare gli ostacoli, insieme.

 

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